
Secondo appuntamento con la nostra nuova Rubrica “LO PSICOLOGO RISPONDE”.
Oggi la Dott.ssa Sposito ci parla del bambino terribile, o meglio di quello che noi adulti definiamo tale e dei conflitti che un approccio non corretto può sviluppare.
Si tratta di un bambino che fa “quello che vuole lui”: non ubbidisce ai genitori e li ricatta continuamente, li provoca opponendo sempre un rifiuto ai loro inviti od ai loro ordini, con modalità che vanno dal semplice fermissimo diniego (dice di no), alle scenate isteriche se si trova tra la gente. Con i compagni, specie se più piccoli di lui, vuole sempre fare il leader e se gli altri non lo seguono li aggredisce oppure si isola e non partecipa al gioco ed all’interazione sociale.
I genitori dicono di aver provato di tutto: dalle buone alle cattive, ma che nulla è servito.
Il fenomeno è largamente diffuso ma, in un modo o nell’altro, viene tollerato o ritenuto normale dai genitori che trovano più comodo “chiudere un occhio” oppure giustificare continuamente il proprio figlio attribuendo sempre agli altri, all’ambiente, la responsabilità di ciò che avviene, senza voler vedere la verità. Il bambino ha maggior possibilità di sviluppo rispetto all’adulto ma, per diventarlo, bisogna che qualcuno lo indirizzi e limiti le sue possibilità. Se nessuno sceglie per lui, la crescita diventa anarchica. Educare significa scegliere per conto di chi ancora non può farlo, ed il compito sarà finito quando il bambino potrà farlo per conto suo: solo allora si sarà raggiunto il primo obiettivo dell’educazione, cioè il poter fare a meno dell’educatore.Chi non è in grado di avere un ruolo come genitore-educatore, anziché favorire l’autonomia del proprio figlio, ne aumenterà la dipendenza da lui stesso, dagli altri, dal gruppo. Il bambino necessita di una guida costante che sappia contenere, indirizzare ed ordinare le sue spinte positive, ma disarmoniche.
Purtroppo, a volte interviene la comodità: è molto più facile, per un genitore impegnato, il “lasciar fare” al figlio piuttosto che la responsabilità di una scelta od il dispiacere di un no. Altre volte, invece, subentra il senso di colpa che i genitori, specie le madri, provano nei confronti dei figli a causa degli impegni lavorativi e sociali che sottraggono tempo dedicato a loro. Nei momenti in cui sono insieme tendono a rifondere il loro bambino come se fossero in debito di qualcosa e, naturalmente, sono più disposti a tollerare atteggiamenti sbagliati ed a colmarlo di oggetti più che di una relazione.
Un altro aspetto importante, di tipo sociale, è la crisi generalizzata dei valori che colpisce tutti gli strati. È comprensibile pensare ad un genitore frastornato da “categorie” entro le quali non sa ritrovare più princìpi validi da trasmettere: “cosa insegnare ad un bambino se io stesso genitore non so più in che cosa credere?”. Infine, molto importante è anche la coerenza dell’educatore: anche quando i princìpi da trasmettere ci sono, per farlo e perché rimangano stabili ci vuole l’esempio. I bambini hanno una logica elementare ma ferrea: per esempio, se un genitore passa col rosso, il bambino pensa: “le regole non esistono, oppure esistono solo per gli altri, e se gli altri non le rispettano io mi posso a arrabbiare con loro senza riflettere su di me”.Il bambino terribile non è abituato a tollerare le frustrazioni. Non conosce il desiderio perché tutto ha le caratteristiche del bisogno, non vive l’attesa perché ciò che riesce ad immaginare deve essere immediatamente disponibile e rapidamente consumato. E’ un bambino il cui temperamento difficile viene confuso dai genitori come fermezza di carattere mentre invece altro non è che il sintomo della sua vulnerabilità, perché se il mondo magico ed onnipotente in cui vive si incrina, se non va tutto come vuole lui, egli tende ad isolarsi o, più spesso, ad avere crisi di disperazione.
Inoltre, di fronte al bambino, non ci può essere uno dei due genitori rigido e l’altro permissivo, perché in questo modo gli si consentirebbe di evitare gli ostacoli rifugiandosi presso il genitore più “buono”, né si deve consentirgli qualcosa che fino ad allora era proibito perché ci si sente buoni, o viceversa, proibirgli qualcosa che fino ad allora era lecito perché si “ha la luna di traverso”. Il bambino non deve mai pensare che i permessi od i divieti sono la conseguenza dello stato d’animo e dell’umore dei genitori, ma deve pensare che sono leggi, alle quali ubbidiscono anche loro. Se un provvedimento preso da uno dei genitori non è condiviso dall’altro bisogna comunque che venga sostenuto da quest’ultimo, perché la discrepanza educativa è il peggiore dei mali.
Ringraziamo la Dott.ssa Sposito per il suo prezioso contributo e segnaliamo a tutti voi che Lunedi 23 giugno presso lo studio di Bastia Umbria, verrà offerto un servizio di consulenza gratuito su situazioni di difficoltà psicologica e sull’alimentazione, con la collaborazione della Dott.ssa Rossella Sposito (psicologa) e della Dott.ssa Franca Proietti Cicoria (nutrizionista). E’ necessaria la prenotazione al 333.1190535
Disponibile per qualsiasi domanda