LO PSICOLOGO RISPONDE: IL GIOCO E’ UNA COSA SERIA

gioco
Dopo la pausa estiva, torna il nostro appuntamento con “Lo psicologo risponde”, angolo dedicato all’infanzia, alla maternità e alle sue problematiche, curato dalla Dott.ssa Sposito che questa settimana ci parla di gioco e di quanto questo sia un momento importante per la formazione dei nostri figli.
I  bambini amano giocare. Il gioco rappresenta il loro modo di comunicare, di apprendere e, anche, di dominare la realtà. Il gioco è il linguaggio attraverso cui i bambini esprimono ciò che non riescono a tradurre in parole; spesso è anche il canale che gli permette di esprimere conflitti, disagi o situazioni che gli creano ansia.Nel gioco il bambino può esprimere la propria rabbia o, più genericamente, le proprie ostilità senza rischiare nulla: non rischia ad esempio di sentirsi in colpa, cosa che accadrebbe se agisse nella realtà. Attraverso il gioco, inoltre, i bambini riescono a dominare situazioni emotive troppo intense per la loro età (ad esempio la separazione dei genitori o un ricovero in ospedale).Giocando i bambini ci rivelano non solo come rappresentano la realtà ma anche come la percepiscono. Per questo motivo i genitori dovrebbero osservare il modo di giocare dei propri figli, al fine di ricavarne preziosi indicatori del loro sviluppo emotivo. I bambini preferiscono giocare con i genitori piuttosto che da soli e questa loro tendenza andrebbe assecondata. Ai giochi elettronici, passivizzanti e ripetitivi, sono da preferire i giochi di finzione che danno ai bambini la possibilità di esprimere le loro emozioni.

A tal fine sono particolarmente indicati: – la bambola con il set per vestirla, fare il bagno, fare la pappa; – gli animali (feroci e domestici), i recinti, la stalla; – le macchine e altri mezzi di trasporto con il garage, il lavaggio, il benzinaio; costruzioni di vario tipo; – peluche, marionette o burattini.

E’ importante che il gioco diventi un momento d’incontro tra il bambino e i suoi genitori; per questo è utile che l’adulto osservi la qualità del gioco proposto dal figlio: se è un gioco frettoloso, nel quale le azioni si sostituiscono una all’altra magari anche su giocattoli diversi, o se invece il gioco è più tranquillo e le azioni sono una l’evoluzione dell’altra (ad esempio: il signore porta la macchina al lavaggio e poi a fare benzina).

E’ utile osservare se durante il gioco il bambino cerca la condivisione con l’adulto (ad esempio con lo sguardo) o se, invece, la evita.

E’ ugualmente fonte d’informazioni utili per i genitori osservare come il proprio bambino gioca con i coetanei e la loro reazione al suo modo di giocare: spesso i bambini individuano aspetti di un compagno che gli adulti impiegano molto più tempo a mettere a fuoco (ad esempio la difficoltà a rispettare le regole).

I bambini si abbandonano totalmente al gioco: lasciamoci trascinare da loro per costruire insieme un ponte che si rivelerà molto utile a entrambi più in là, durante l’adolescenza.

Ringraziamo la Dott.ssa Sposito per il suo prezioso contributo e vi ricordiamo che potrete rivolgervi a lei per un sostegno psicologico e come aiuto nell’affrontare tutte le problematiche legate alla genitorialità ma anche all’essere moglie e donna (crisi coniugali, separazioni, rapporti di coppia in generale) e sostegno nei momenti difficili della vita come malattie e lutti, il primo appuntamento ve lo regaliamo noi.

Riceve nel suo studio di Bastia Umbra, Via Majorana n° 11 cell. 3331190535,

https://www.facebook.com/playtherapypg

 


2 thoughts on “LO PSICOLOGO RISPONDE: IL GIOCO E’ UNA COSA SERIA

  1. Articolo interessante. Ci sarebbe da aggiungere la differenza del valore del gioco nelle varie fasi dello sviluppo del bambino. Ogni fase secondo le teorie dello sviluppo corrispondono a differenti tappe cognitive ed emozionali. Senza considerare che ogni gioco è bello se piace. Le teorie del gender hanno valore quando si “suggeriscono” i giochi al bambino impedendogli lo sviluppo di gusti indipendente da quello istituzionalizzato o generato dai genitori (senza però relegare i genitori a una posizione passiva o di paura di “interferire”, che sarebbe l’altro opposto. Il genitore proponga sempre con tranquillità. Il giusto mezzo paga sempre.)

    Inoltre io credo che un mix di gioco reale e virtuale non sia tanto dannoso quando presentare rigidamente solo una tipologia di gioco. D’altro canto la rigidità in psicologia é la forma in cui si sviluppano i veri problemi.
    Molti giochi virtuali hanno la capacità di generare situazioni di interazioni a una velocità superiore a quella che si sviluppa nel gioco sociale reale. Questo da una parte può portare a un rischio di allontanamento dalla realtà, spersonalizzazione e può fornire una visione distorta del rapporto causa-effetto derivata da una confusione parziale tra reale e virtuale.
    D’altro canto a una maggiore velocità apprendono anche i bambini che, familiarizzando rapidamente con la tecnologia, e permettendogli allo stesso tempo di mantenere un ritmo “umano” non di macchina, possono sviluppare competenze e capacità che gli saranno utili nel mondo moderno,

    Il vero problema comunque spesso è la differenza di velocità tra il sistema dell’istruzione scolastica e i genitori.
    La cosa che mi piace molto di questo articolo é che si incoraggia il genitore a non abbandonare alla parte istituzionale la cura del gioco del figlio, ma essere partecipe e parte attiva di questa forma di comunicazione spesso sottovalutata.

    Pensieri nati dalla lettura dell’articolo. Un ringraziamento agli autori!
    Un saluto!

  2. Grazie per il prezioso contributo, ci piacerebbe approfondire il discorso gioco reale e gioco virtuale per spiegare, e al tempo stesso capire, che non è il mezzo in se per se ad essere pericoloso, ma il suo utilizzo, privo di regole ed estremizzato in molte situazioni. Personalmente posso dire che osservare mio figlio che gioca, è fonte di grande scoperta per me, che riesco a capire più lui e il suo mondo nascosto.

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