
a cura della Dott.ssa Sposito.
Nonostante tanti miglioramenti nello stile di vita, tanta equiparazione ed emancipazione, le donne, siano esse in carriera, manager, industriali, pilota, chirurgo ecc, sono comunque, in gran parte ancora in prima linea nei compiti quotidiani del “far quadrare il bilancio”, seguire i figli nelle attività della scuola e del tempo libero, star dietro a mariti e compagni che, certamente molto più collaborativi del passato, ancora sono latitanti, in gran parte, nel concreto spicciolo giornaliero. Fra i compiti più “spiccioli” e quotidiani che la donna svolge, quello della “spesa” o della scelta alimentare, conservazione e preparazione del cibo, è un compito che assorbe tempo e attenzione e non è un “banale” evento quotidiano: è, invece, l’espressione tangibile di abitudini, competenze, atteggiamenti, pregiudizi, certezze ecc, intorno, non solo alle componenti nutrizionali degli alimenti (carboidrati, proteine, lipidi ecc), ma anche ai risvolti medici e psico-sociali a esse connessi. Le donne, così, assumono il ruolo di fattore determinante nel mantenere o abbandonare le tradizioni alimentari. Le abitudini alimentari sono anche veicolo di comunicazione all’interno del gruppo familiare e rispecchiano atteggiamenti e abitudini :
Alcune frasi “tipo”, sono esplicative di questo “modo” di comunicare utilizzando l’alimento: “Se non mangi, non esci!” “Mangia questo alimento perché l’ho preparato per te!” “Fammi la cortesia, mangia!” “Se non mangi, mamma piange!”La “famiglia” è il focus delle prime esperienze alimentari e della formazione delle scelte. Sulla base delle proprie tradizioni, abitudini, tipo di apprendimento, stile di vita ecc, ognuno di noi diversifica le sue scelte.
Le abitudini vengono da lontano e spesso non ci si riflette abbastanza, ma il primo messaggio “alimentare” avviene in famiglia in fasi molto precoci con l’allattamento e con lo svezzamento. Solo verso i 3, o 4 anni il bambino incontra con la scuola, in genere, nuovi modelli alimentari; spesso si “scontrano” i due mondi, sia per gusto sia per modi di preparazione e spesso le famiglie contrastano l'”educazione” alimentare scolastica e i comportamenti del bambino ne risentono: confusione, inappetenza, capricci, ipernutrizione eccLa seconda grande rivoluzione “alimentare” avverrà nell’adolescenza, quando il desiderio di autonomia e identità si esprimerà anche seguendo scelte alimentari fuori casa e più simili a quelle dei gruppi dei coetanei che della famiglia, instaurando gerarchie diverse dove l’alimento è importante non come nutriente, ma come mezzo d’incontro o di piacere: gustoso, da consumarsi insieme, nei “cult” dei fast food o dei pub, in modo itinerante, mangiando dovunque a tutte le ore!
Pur se l’adolescente cambia abitudini, in contrasto con quelle del gruppo familiare, lo stile con il quale è stato trasmesso il comportamento alimentare in famiglia, lascia spesso il segno perché è intriso degli stili dominanti della personalità familiare.Fra gli stili di personalità più frequenti in soggetti che rivelano alterati comportamenti alimentari, spiccano il “perfezionismo” e l’autoritarismo dicotomico (o si fa così – o non si fa niente ! è il modello base di questo tipo di personalità).Molti stili di personalità sono presenti in alcuni disturbi del comportamento alimentare che, più o meno gravi, ricadono comunque nello stile di vita individuale, condizionandolo e alterandolo scatenando una serie di difficoltà genericamente definibili “disturbi della condotta alimentare”.
I disordini alimentari spesso si esprimono con instabilità dell’umore, ricerca affannosa della performance corporea, diete fai da te, esasperate e inutili ecc.
Alcuni campanelli d’allarme da “osservare”: – Se un figlio adolescente di 12, 13, 14 anni, protrae e persiste nel rifiuto costante verso ogni tipo di cibo; se si allontana troppo spesso appena finito di mangiare e si rifugia in bagno; se preferisce mangiare isolato dalla famiglia o pone attenzione esasperata alla sua immagine corporea; se nega fortemente ogni verità sulla magrezza del proprio corpo…,questi sono alcuni dei più evidenti e semplici sintomi, che vanno discussi con il proprio medico .Altri disturbi dell’alimentazione “meno” gravi ma ugualmente socialmente con ricadute pesanti nell’aspettativa di vita del paziente, sono le iperalimentazioni con sovrappeso e obesità. L’obesità, grande fantasma che copre molti paesi “ricchi” è spesso frutto d’insane e pregiudiziali competenze che penalizzano molti alimenti a fronte di altri, con associati sbagli e pregiudizi, ma anche frutto di stili di vita sedentari, escluse le obesità di tipo genetico.Spesso l’obesità dei genitori si estende ai figli, ma anche spesso i bambini sono “cicciotti” ,di per sé, perché le mamme li “affogano ” di alimenti seguendo insani fantasmi di “benessere” pregiudizialmente associato all’aspetto “florido” come espressione di “salute” o perché essi stessi, integrano con merendine e snack i pranzi fatti in casa, aggiungendo calorie a calorie e non applicando attività fisica adeguata.L’industria, che ne propone in continuazione(merendine, patatine, caramelle, bastoncini, fagottini ecc), ne conosce la suggestione gustativa e la enfatizza con sorprese, immagini, fantasie, logo, spot, animazioni…
Questi alimenti sono spesso consumati più per il loro forte potere gustativo, che non per un eventuale giudizio nutrizionale su di essi e rivelano scelte di consumo più basate su aspetti “emotivi”
(mi piace, lo mangio in compagnia, mi fa piacere ecc) che ” conoscitive” (nutrienti, calorie, statodella fame ecc)!
La pubblicità enfatizza questi prodotti, con linguaggio persuasivo, seguendo regole di comunicazione che perseguono sopratutto il profitto; tutto ciò, associato alla facilità di reperimento di molti di essi, al loro costo spesso a buon mercato,Per concludere, suggeriamo maggiore senso critico verso i messaggi pubblicitari, maggiore attenzione agli stimoli della fame e a quelli della sazietà e attenzione a nutrire non il “fantasma” che è in noi, ( il solitario, l’aggressivo, l’abbandonato, il goliardico, la maliarda, il perdente ecc), ma le nostre esigenze più vere, riflettendo con attenzione, non solo sulle informazioni nutrizionali, ma anche sulla nostra personalità, le nostre relazioni, il nostro stile di vita.Dott.ssa Rossella Sposito psicologa
www.latuapsicologa.it
Cell 3331190535
Alcune frasi “tipo”, sono esplicative di questo “modo” di comunicare utilizzando l’alimento: “Se non mangi, non esci!” “Mangia questo alimento perché l’ho preparato per te!” “Fammi la cortesia, mangia!” “Se non mangi, mamma piange!”La “famiglia” è il focus delle prime esperienze alimentari e della formazione delle scelte. Sulla base delle proprie tradizioni, abitudini, tipo di apprendimento, stile di vita ecc, ognuno di noi diversifica le sue scelte.
Le abitudini vengono da lontano e spesso non ci si riflette abbastanza, ma il primo messaggio “alimentare” avviene in famiglia in fasi molto precoci con l’allattamento e con lo svezzamento. Solo verso i 3, o 4 anni il bambino incontra con la scuola, in genere, nuovi modelli alimentari; spesso si “scontrano” i due mondi, sia per gusto sia per modi di preparazione e spesso le famiglie contrastano l'”educazione” alimentare scolastica e i comportamenti del bambino ne risentono: confusione, inappetenza, capricci, ipernutrizione eccLa seconda grande rivoluzione “alimentare” avverrà nell’adolescenza, quando il desiderio di autonomia e identità si esprimerà anche seguendo scelte alimentari fuori casa e più simili a quelle dei gruppi dei coetanei che della famiglia, instaurando gerarchie diverse dove l’alimento è importante non come nutriente, ma come mezzo d’incontro o di piacere: gustoso, da consumarsi insieme, nei “cult” dei fast food o dei pub, in modo itinerante, mangiando dovunque a tutte le ore!
Pur se l’adolescente cambia abitudini, in contrasto con quelle del gruppo familiare, lo stile con il quale è stato trasmesso il comportamento alimentare in famiglia, lascia spesso il segno perché è intriso degli stili dominanti della personalità familiare.Fra gli stili di personalità più frequenti in soggetti che rivelano alterati comportamenti alimentari, spiccano il “perfezionismo” e l’autoritarismo dicotomico (o si fa così – o non si fa niente ! è il modello base di questo tipo di personalità).Molti stili di personalità sono presenti in alcuni disturbi del comportamento alimentare che, più o meno gravi, ricadono comunque nello stile di vita individuale, condizionandolo e alterandolo scatenando una serie di difficoltà genericamente definibili “disturbi della condotta alimentare”.
I disordini alimentari spesso si esprimono con instabilità dell’umore, ricerca affannosa della performance corporea, diete fai da te, esasperate e inutili ecc.
Alcuni campanelli d’allarme da “osservare”: – Se un figlio adolescente di 12, 13, 14 anni, protrae e persiste nel rifiuto costante verso ogni tipo di cibo; se si allontana troppo spesso appena finito di mangiare e si rifugia in bagno; se preferisce mangiare isolato dalla famiglia o pone attenzione esasperata alla sua immagine corporea; se nega fortemente ogni verità sulla magrezza del proprio corpo…,questi sono alcuni dei più evidenti e semplici sintomi, che vanno discussi con il proprio medico .Altri disturbi dell’alimentazione “meno” gravi ma ugualmente socialmente con ricadute pesanti nell’aspettativa di vita del paziente, sono le iperalimentazioni con sovrappeso e obesità. L’obesità, grande fantasma che copre molti paesi “ricchi” è spesso frutto d’insane e pregiudiziali competenze che penalizzano molti alimenti a fronte di altri, con associati sbagli e pregiudizi, ma anche frutto di stili di vita sedentari, escluse le obesità di tipo genetico.Spesso l’obesità dei genitori si estende ai figli, ma anche spesso i bambini sono “cicciotti” ,di per sé, perché le mamme li “affogano ” di alimenti seguendo insani fantasmi di “benessere” pregiudizialmente associato all’aspetto “florido” come espressione di “salute” o perché essi stessi, integrano con merendine e snack i pranzi fatti in casa, aggiungendo calorie a calorie e non applicando attività fisica adeguata.L’industria, che ne propone in continuazione(merendine, patatine, caramelle, bastoncini, fagottini ecc), ne conosce la suggestione gustativa e la enfatizza con sorprese, immagini, fantasie, logo, spot, animazioni…
Questi alimenti sono spesso consumati più per il loro forte potere gustativo, che non per un eventuale giudizio nutrizionale su di essi e rivelano scelte di consumo più basate su aspetti “emotivi”
(mi piace, lo mangio in compagnia, mi fa piacere ecc) che ” conoscitive” (nutrienti, calorie, statodella fame ecc)!
La pubblicità enfatizza questi prodotti, con linguaggio persuasivo, seguendo regole di comunicazione che perseguono sopratutto il profitto; tutto ciò, associato alla facilità di reperimento di molti di essi, al loro costo spesso a buon mercato,Per concludere, suggeriamo maggiore senso critico verso i messaggi pubblicitari, maggiore attenzione agli stimoli della fame e a quelli della sazietà e attenzione a nutrire non il “fantasma” che è in noi, ( il solitario, l’aggressivo, l’abbandonato, il goliardico, la maliarda, il perdente ecc), ma le nostre esigenze più vere, riflettendo con attenzione, non solo sulle informazioni nutrizionali, ma anche sulla nostra personalità, le nostre relazioni, il nostro stile di vita.Dott.ssa Rossella Sposito psicologa
www.latuapsicologa.it
Cell 3331190535